I Cappuccini nel lazzaretto di Pordenone Padre Marco d’Aviano contro il male pestilenziale

L’eroicità dei Cappuccini È forse l’approccio al bisognoso, aspetto essenziale di un carisma evangelico alla lettera, il “segreto” dell’indiscutibile ascendente dei Cappuccini sul
popolo: anche perché si è ammantato moltissime volte di eroismo nei cinquecento anni che presto l’ordine compirà. Occasione privilegiata furono le pestilenze: con sempre pronta obbedienza mossa dall’impulso di non far mancare ai moribondi il balsamo dei santi sacramenti, i frati con la barba e il cappuccio anche si sostituirono, specie nei lazzaretti, all’autorità pubblica inabile o sopraffatta dagli eventi e ai preti comprensibilmente non disponibili. La stessa approvazione canonica della riforma francescana dei Cappuccini
(bolla Religionis zelus di papa Clemente VII del 3 luglio 1528) venne favorita
dalla stima unanime che si meritò nelle Marche l’iniziatore di essa, padre
Matteo da Bascio, per il coraggioso impegno di vicinanza nelle pesti del 1525
e poi, con i primi compagni, nel 1527. Ancora nel Novecento, allorché a
Venezia era scoppiato nel 1911 il colera, padre Odorico da Pordenone (Pietro
Rosin, di San Quirino, 1868-1962), più volte ministro provinciale veneto, non
esitava a proporsi al patriarca, lui con i confratelli, per l’assistenza sanitaria e
religiosa ai contagiati relegati nell’isola Sacca Sessola

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