Caro alla Chiesa intera e all’umanità è stato veramente Albino Luciani, papa Giovanni Paolo I.
Oggi, 13 ottobre 2021, il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto di riconoscimento di una guarigione miracolosa avvenuta per sua intercessione. La beatificazione si celebrerà per il papa che tutti abbiamo conosciuto, di persona e da vicino (come fu per il carissimo padre Venanzio Renier da Chioggia) o ammirandone la persona, anche prima della sua elevazione al pontificato: vescovo di Vittorio Veneto e patriarca di Venezia.
Ci fu sottratto incredibilmente in quel primo autunno 1978 – dopo soli trentatré giorni da papa: magis ostensus quam datus! – ma ora è restituito a tutta la Chiesa, alla sua fede, alla sua preghiera, per sempre: iscritto nell’albo incancellabile dei beati del Cielo; incancellabile perché Albino Luciani è con Cristo in Dio, nella vita vera, che è eterna.
Ne scriviamo più volentieri sapendo di dare gioia, a tutti, senza eccezioni: unanime è la devozione (la necessarissima “fama di santità”) verso il venerabile papa mentre pressoché tutti, almeno una volta, siamo andati alla sua sepoltura nelle grotte vaticane e, ancor più in quanto triveneti, al suo amenissimo paese dolomitico di Canale d’Agordo. Tra questi tutti c’era – lasciatemelo dire – proprio padre Venanzio: egli perciò, in paradiso certo, è specialmente unito non solo al presto beato che fortemente stimava, ma alla nostra comune esultanza per l’approssimarsi di tale prospettiva.
Il cardinale patriarca, un anno prima di diventare Giovanni Paolo I, gli disse di sorpresa: “Lei è stato un vero amico”. Della sua beatificazione il nostro frate, che da Luciani era stato messo alla guida del Tribunale Ecclesiastico Triveneto, era sicurissimo, tanto da voler essere presente a Belluno, ben oltre i novant’anni, sia all’apertura della causa (2003) che alla chiusura della fase diocesana di essa (2006). Chi scrive era con lui ed è testimone delle sue convinzioni grandi sulle virtù del Luciani uomo e pastore, che aveva messe pure nero su bianco già diversi anni avanti, in una lunga testimonianza poi allegata al processo.
E ora un aneddoto, rivelatore di uomini evangelicamente magnanimi e disinteressati. Al suo “vero amico”, Luciani avrebbe voluto donare un titolo onorifico, tipo “monsignore”, oltretutto per il posto di riguardo che allora il padre occupava. Il cardinale ne parlò nella Conferenza Episcopale Regionale, ma il vescovo di Padova Bortignon, che era stato professore e provinciale di padre Venanzio, se ne uscì: “Gli basta essere cappuccino!”. “Ma lei è contento?”, chiese il porporato all’interessato. E questi, con la solita simpatia: “Eminenza, nelle prime pagine de I Promessi Sposi il Manzoni scrive che i nomi, e più ancora i titoli, sono puri purissimi accidenti; in filosofia gli accidenti sono il contrario della sostanza”. Conclusione del patriarca: “Evviva la filosofia!”.
Padre Venanzio aveva ottenuto qualche tempo prima dal patriarca una lettera, oggi davvero preziosa, di perorazione della beatificazione del “suo” Padre Marco d’Aviano, quando la causa, che aveva iniziato a seguire nel 1977, era ben lontana dal definirsi. Il contenuto è significativo: Padre Marco vi è dipinto generoso e intrepido; apostolo dell’Atto di dolore perfetto; devotissimo del Ss.mo Sacramento; innamorato della Madre di Dio. Il patriarca ne prefigura la glorificazione come un “contributo a ridestare il senso del peccato, a dare incoraggiamento ai banditori del Vangelo e … a rendere più intimo il legame che unisce le Chiese d’Italia nord-orientale con quelle dell’Europa centrale”. Ma sorprendente è la data di quella missiva: 7 luglio 1978. Il cardinale Luciani l’aveva scritta a papa Paolo VI cinquanta giorni esatti prima di essere lui eletto al soglio di Pietro (26 agosto 1978). Padre Venanzio, giocondissimo, ci scherzava su: “Avrà trovato la sua stessa lettera sul tavolo di Roma!”.
Il padre definiva cose del genere “eleganze della Provvidenza”. Chi domandava di beatificare ora verrà beatificato: comunione dei santi, si chiama! Che noi crediamo e della quale siamo, anche con il lavoro per le cause e il fervore per i santi e beati (e venerabili e servi di Dio che attendono di divenire tali), servitori umili. E umili infatti Luciani voleva i cristiani. Scrisse “humilitas” nel motto episcopale e pontificale! Umiltà che, vissuta sempre, fu il suo “successo”. Essa è pure la “causa” precipua ora della sua esaltazione: “Chi si abbassa sarà innalzato”. E il perenne suo insegnamento e monito.
Sì, per questo gioiamo grandemente, invitati a imitare lo specialissimo “NOSTRO” prossimo beato, che non fu solo e tanto il “papa del sorriso”, ma un gigante della duplice direzione dell’Amore indicata da Gesù alla Chiesa: verso Dio e verso i fratelli, tutti.
Walter Arzaretti
già con padre Venanzio Renier per 20 anni
13 ottobre 2021