Il Beato Marco d’Aviano ci aiuta a prendere coscienza che siamo peccatori.

Alla luce della fede comprendiamo la straordinaria bontà di Dio Padre e quanto è deludente e meschino il nostro comportamento sbagliato. Ci invita a pronunciare i santi nomi di Gesù, che vuol dire “Dio salva”, e Maria, madre e immagine della Chiesa che come grembo fecondo può rigenerarci alla vita nuova. Ciascuno di noi è chiamato ad assumersi le proprie responsabilità, considerando che il peccato è anche un male sociale ed è sempre indifferenza all’amore di Dio, ignoranza o tradimento della Sua Parola. In questa lettura della vita, vogliamo provare serio dispiacere, sincero pentimento. Ci siamo lasciati illudere. Credevamo di fare il nostro bene, il nostro interesse e invece abbiamo fatto il male per noi e per la comunità. Soprattutto abbiamo deluso le aspettative di Dio. Ecco perché provo dolore: io ho tradito la Sua fiducia, io ho preferito disobbedire, io ho voluto prendere il Suo posto costruendomi la legge e trovando l’inganno per giustificarmi. Allora, se con il mio comportamento ho messo in ombra il volto di Dio mio Padre, m’impegnerò a chiedere la riconciliazione con Lui e a restare in ascolto obbediente della Sua volontà. La morte che mi fa paura è la separazione da Lui, la fuga dalla Sua casa. Con la mia vita, d’ora in poi, voglio solo cantare il Suo eterno amore.

«Misericordia: è la parola che rivela il mistero della SS. Trinità. Misericordia: è l’atto supremo con il quale Dio ci viene incontro. Misericordia: è la legge fondamentale che abita nel cuore di ogni persona quando guarda con occhi sinceri il fratello che incontra. Misericordia: è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati nonostante il nostro peccato. Abbiamo sempre bisogno di contemplare il mistero della misericordia. È fonte di gioia, di serenità e di pace».                        (papa Francesco, Misericordiae Vultus 2)

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L’ATTO DI DOLORE PERFETTO DEL BEATO MARCO

Il cappuccino fu beatificato la domenica della Divina Misericordia di diciassette anni fa, 27 aprile 2003

“Bisognia che non ci stanchiamo di pichiar alla porta della divina misericordia, mai perder la nostra confidenza in Dio… farsi animo et star perseveranti” (8 maggio 1691)

Vivere un momento di penitenza e riconciliazione, così come papa Francesco ha suggerito per questo tempo nel quale siamo impediti di muoverci da casa per ricevere l’assoluzione sacramentale: il vescovo G. Pellegrini raccomanda l’Atto di dolore perfetto del Beato P. Marco d’Aviano per invocare il perdono dei peccati. E di farlo conoscere.

La recita dell’Atto di dolore del Beato Marco d’Aviano è stata proposta dal vescovo di Concordia-Pordenone nel tempo delle restrizioni per il coronavirus

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Spirato a Parma venerdì santo 10 aprile, riposa nell’amatissima Maniago PADRE ERNESTO TOMÈ MISSIONARIO SAVERIANO

Mercoledì di Pasqua 15 aprile Maniago ha riaccolto per sempre, nella tomba dei sacerdoti, padre Ernesto Tomè, missionario saveriano, scomparso nella Casa Madre dell’Istituto all’età di 90 anni proprio il giorno di Venerdì Santo. Abbiamo perduto un grande “amico di Padre Marco” e del movimento di devozione al beato cappuccino. La sua fede prese tutta la sua persona quando, già adulto, abbracciò la vita missionaria nella congregazione fondata da San Guido Maria Conforti e diffusa in tutto il mondo. Professo saveriano nel 1957, sacerdote nel 1963, la sua destinazione fu l’Africa più povera che vive in Burundi, piccolo stato assurto spesso agli onori delle cronache per guerre intestine e odi razziali. Padre Ernesto vi portò per oltre quarant’anni (fino al 2013) la parola evangelica della riconciliazione e della carità. Lo incontrammo con padre Venanzio tante volte nei rientri nell’amatissima città natale e potemmo scoprire il suo cuore, venato anche di candidi accenti poetici: esprimeva infatti la sua lode a Dio, alla Madonna, della quale fu devotissimo, ai santi cimentandosi lui stesso nel comporre poesie. Ci manifestò in quelle occasioni (anni d’inizio millennio) il desiderio suo e dei confratelli di dotare di luoghi di culto i numerosi villaggi della missione in cui operava alla periferia della capitale Bujumbura e di aiutarlo anche accogliendo l’idea dell’intitolazione al Beato Marco di una di tali cappelle. Lo accompagnammo così nelle parrocchie di nostra frequentazione per la predicazione missionaria, ancora ispirata a fede ricca di sentimento e a sincera devozione verso il beato dell’Atto di dolore perfetto. Si concretizzò in seguito, cioè dopo che per l’età avanzata aveva dovuto lasciare l’amatissimo Burundi, l’idea di dotare la chiesa del Beato Marco di Muyaga (missione di Kamenge) di un’immagine: si fece avanti la Valcellina con lo scultore Marcello Martini, il quale, supportato dai valligiani (in primis Rita Bressa e Fabiano Filippin), realizzò l’opera e addirittura se la trascinò a piedi, per voto, sino a Roma riuscendo a farla benedire da Papa Benedetto XVI, che lo stesso padre Tomè con padre Venanzio aveva quasi prodigiosamente salutato nel 2007 a Lorenzago di Cadore. Di lì la statua di pietra partì per il Burundi e là accoglie le preghiere di quel popolo bisognoso di pace. Padre Ernesto godette di tutto questo e venne a celebrare a Cimolais con commossa gratitudine. Lo incontrammo poi a Udine, casa saveriana più vicina ai suoi natali, negli ultimi tempi. Le forze declinavano e fu necessario a fine 2018 il trasferimento nell’infermeria dei Saveriani di Parma ove padre Ernesto ha reso la sua bella, ripetiamo poetica, anima a Dio. Crediamo, per la sua e nostra fede, stia tessendo ora le lodi del Signore con Padre Marco in Paradiso segue in padre tomè

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I CAPPUCCINI FRA I CONTAGIATI Dalla peste di Milano a quella di Pordenone

L’approccio al bisognoso, applicazione letterale dell’”avete fatto a me” detto da Gesù (vedi Matteo, cap. 25), si è ammantato moltissime volte di eroismo nei 500 anni che presto l’ordine compirà. Occasione quasi privilegiata furono proprio le pestilenze quando, con pronta obbedienza mossa dall’impulso di non far mancare ai moribondi il balsamo del Cristo presente nei santi sacramenti, i frati con la barba e il cappuccio si sostituirono anche all’autorità pubblica inabile o sopraffatta dagli eventi e ai preti comprensibilmente non disponibili: la stessa approvazione canonica della riforma francescana dei Cappuccini venne favorita dalla stima unanime che si meritò nelle Marche l’iniziatore di essa, padre Matteo da Bascio, per il coraggioso impegno di vicinanza nelle pesti del 1525 e poi, con i primi compagni, 1527. Ancora nel Novecento, allorché (1911) a Venezia era scoppiato il colera, il “nostro” padre Odorico da Pordenone (Pietro Rosin, San Quirino 1868-Mestre 1962), più volte ministro provinciale veneto, non esitò a proporsi al patriarca, lui con i confratelli, per l’assistenza sanitaria e religiosa ai contagiati relegati nell’isola Sacca Sessola. “L’opera e il cuore di que’ frati meritano che se ne faccia memoria, con ammirazione, con tenerezza, con quella specie di gratitudine che è dovuta per i gran servizi resi da uomini a uomini, e più dovuta a quelli che non se lo propongono per ricompensa”. È Alessandro Manzoni al cap. XXXI de “I Promessi Sposi”, descrittivo della peste del 1630 ormai letteralmente scoppiata a Milano – che il massimo scrittore italiano rese la più celebre – a dare il senso e il fine di ciò che vogliamo qui non passi inosservato su una missione, che si fece spesso offerta suprema, cui rimandano le ripetute perdite fra i Cappuccini anche di questi drammatici giorni di pandemia: giorni che devono trarre insegnamento da esempi ed esperienze, pure religiose, del passato … per approfondire alleghiamo gli articoli apparsi sul settimanale “il Popolo” del 12.4.2019


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Santa Pasqua 2020

In questo tempovertice della fede cristiana e, quest’anno, anche dell’emergenza che ci ha colpiti, la Santa Pasqua ci apra alla speranza di tempi migliori così da riprendere le motivazioni del nostro fare e operare anche sulla via dei Santi. Il Beato Marco, che visse l’esperienza della quarantena provenendo da luoghi di sospetta infezione e intercedette per la liberazione dal male pestilenziale (Gorizia 1682), ci invita ancora a invocare Dio con fiducia. Con questa speranza in cuore, il Beato Marco, “profeta disarmato della misericordia divina” – così salutato da San Giovanni Paolo II alla beatificazione “pasquale” di diciassette anni fa (Domenica della Divina Misericordia 2003) – ci aiuti frattanto a comprendere il significato profondo del suo Atto di dolore perfetto in questo particolare tempo, che è tempo anche di penitenza. Con questi sentimenti, vicini spiritualmente, il nostro augurio: BUONA PASQUA!                  

don Luigi presidente  e consiglio di presidenza del Comitato Beato Marco, Pordenone

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BENEDIZIONE del Beato Marco

Gesù, Maria!

Dio vi benedica, vi custodisca, vi usi misericordia.  Amen

Volga a voi il Suo sguardo e vi dia la pace.  Amen

Il Signore vi benedica

e vi liberi da tutti i mali secondo la vostra fede,

perché tutto è possibile a chi crede.  Amen

Nel nome + del Padre e + del Figlio e + dello Spirito Santo.  Amen

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L’ATTO DI DOLORE PERFETTO DEL BEATO MARCO

Proposto dal vescovo per vivere la penitenza e riconciliazione in questa Settimana Santa e nel tempo delle restrizioni imposte dal coronavirus

Vivere un momento di penitenza e riconciliazione, così come Papa Francesco ha suggerito per questo tempo nel quale siamo impediti di muoverci da casa per ricevere l’assoluzione sacramentale: il vescovo raccomanda l’Atto di dolore perfetto del Beato Padre Marco d’Aviano per invocare il perdono dei peccati. E di farlo conoscere.

Poiché si verifica l’impossibilità di celebrare il sacramento della penitenza per evidenti ragioni di prudenza, si ricorda che, qualora i fedeli si trovassero nella dolorosa impossibilità di ricevere l’assoluzione sacramentale, “una sincera richiesta di perdono accompagnata dalla ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale, ottiene il perdono dei peccati, anche mortali” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1452). A tale proposito di seguito trovate il testo dell’Atto di dolore perfetto del Beato Padre Marco d’Aviano (dalle indicazioni generali alla diocesi 31 marzo 2020 del vescovo G. Pellegrini)

ATTO DI DOLORE PERFETTO del Beato Marco

Gesù, Maria! Io debole creatura e indegna, prostrato ai Tuoi piedi confesso con intenso dolore e con l’anima piena di confusione le innumerevoli negligenze e peccati che ho commesso nella mia vita. Ti ho offeso, mio Dio, Ti ho offeso e mi pento dal profondo del cuore. Nella viva speranza del Tuo santo aiuto, ho il fermo proposito di morire piuttosto che commettere ancora un solo peccato mortale. Mi dolgo senza fine dei miei peccati, soprattutto per questo: perché ho offeso Te, mio Dio infinitamente buono e amoroso, dalla cui lode, ringraziamento e glorificazione nessuna creatura dovrebbe mai cessare. Amen

vedi COMMENTO ALL’ATTO DI DOLORE PERFETTO a questo LINK

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APOSTOLO DELLA QUARESIMA E ANCHE CONTRO IL MALE PESTILENZIALE La peste a Gorizia del 1682 e l’esortazione penitenziale del Beato Marco alla città

Apostolo della Quaresima! Questo è il tempo “forte” in cui il Beato Marco d’Aviano mai trascurò di annunciare la verità dell’Amore intramontabile di Dio verso l’umanità vagabonda ed errante, cioè lontana da Dio e dalla sua legge: quei suoi quaresimali, nemmeno uno omesso nei ventitré anni di vita pubblica! quella sua predicazione del dolore perfetto dei peccati, cioè fatto senza paura, incontro al Padre che non ricorda più il tuo peccato se lo riconosci umilmente e sinceramente e lo fai “per amor di Dio”! Avendo abbracciato la regola severa dei Cappuccini, egli anche impegnò se stesso, con abnegazione eroica, nella preghiera personale (quelle sue veglie notturne! quelle messe “angeliche”!), nella mortificazione volontaria (quel suo cilicio! quei digiuni!) e nella carità. La sua quaresima era protratta, si può dire, tutto l’anno, e tale va considerata pure l’obbligata attività presso le corti, in primis quella dell’imperatore d’Austria Leopoldo I, cui fu inviato dall’obbedienza ecclesiale con sincero desiderio, che arrivò spesso al logoramento fisico, di promuovere concordia, unione e pace in tempi di eccezionali difficoltà. Esse furono dettate pure da carestie e pestilenze. Rientrando da zone sospette d’Europa, anche Padre Marco dovette sottoporsi a quarantene. Molto seria si presentò la situazione nel 1682 allorché il cappuccino tornava in estate dalla prima permanenza a Vienna e sulla sua via, in Stiria e Carinzia, serpeggiava almeno dal maggio la peste (Graz era infestata). I passi di confine con la contea di Gorizia CONTINUA IN https://www.beatomarcodaviano.it/quaresima-2020/

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PREGHIERA AL BEATO MARCO D’AVIANO per intercessione contro l’epidemia di Coronavirus

Devoti del BEATO MARCO D’AVIANO (1631-1699), apostolo, missionario e predicatore del dolore perfetto particolarmente nel sacro tempo di Quaresima, taumaturgo anche in occasione di carestie e pestilenze, hanno manifestato il desiderio, in questa dolorosa contingenza del “coronavirus”, che sia rivolta una preghiera a Dio, Padre provvidente e soccorrevole, per intercessione del grande e santo cappuccino. Ben ricordando i grandi frutti suscitati in Europa da Padre Marco, di fede più autentica e anche di salute, spirituale e anche fisica, proponiamo questa invocazione da indirizzare a Dio per la mediazione potente del nostro beato.

Chi, invocando il Beato Marco, riceve grazie potrà segnalarle a COMITATO BEATO MARCO PRO CAUSA DI CANONIZZAZIONE Casa Betania, via Villanova 14 – 33170 Pordenone (Italia)  comitatobeatomarco@virgilio.it

                                                   

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Quaresima 2020

Una Quaresima diversa! Nella quale anche i cattolici praticanti potrebbero dimenticarsi o raffreddarsi di pregare, non ultimo causa la sospensione delle celebrazioni liturgiche pubbliche dettata dalla situazione sanitaria in atto. E invece è proprio una tale emergenza che dovrebbe indurre a riflessioni profonde e a un convinto affidamento a Chi può laddove noi uomini non possiamo. Fidandoci che Dio ascolta la “supplica del misero che non trova aiuto” perché lo ama e perciò pure lo perdona nelle sue fragilità, nei passati non amori di Dio e dei fratelli. Una “tendenza”, questa, che i pericoli di cui è costellata la storia umana, come quelli attuali, devono decisamente indurre a invertire: avvicinandoci con umiltà e sincero pentimento al Dio della Vita, che Gesù Cristo ha rivelato alleato dell’uomo che va verso di Lui.

I devoti del Beato Marco sanno che questo è il tempo “forte” in cui egli mai trascurò di annunciare la verità dell’Amore intramontabile di Dio verso l’umanità vagabonda ed errante, cioè lontana da Dio e dalla sua legge: quei suoi quaresimali! quella sua predicazione del dolore perfetto dei peccati, cioè fatto “per amor di Dio”! In favore di questo povero mondo, avendo abbracciato una regola severa di vita nella famiglia dei Cappuccini, egli anche impegnò se stesso, con abnegazione eroica, nella preghiera personale (quelle sue veglie notturne! quelle sue messe “angeliche”!), mortificazione volontaria (quel suo cilicio! quei suoi digiuni!) e carità. La sua quaresima era protratta, si può dire, tutto l’anno, e tale va considerata pure l’obbligata attività presso le corti, cui fu inviato dall’obbedienza ecclesiale, con sincero desiderio, che arrivava non di rado al logoramento fisico, di promuovere concordia, unione e pace in tempi di eccezionali difficoltà che furono segnati pure da carestie e pestilenze (egli stesso, rientrando da zone infestate d’Europa, dovette più volte sottoporsi a quarantene). Va ricordato che era nato nel 1631 – e battezzato Carlo a onore del celebre San Carlo Borromeo che tanto si era affaticato a favore dei malati di peste – al cessare dell’epidemia di manzoniana memoria: la stessa che aveva visto Venezia implorare l’aiuto di Dio e della Madonna con l’emissione anche di un voto pubblico per assolvere il quale, con la liberazione da tanto flagello, la Serenissima eresse la famosa Basilica della Salute, come aveva fatto oltre cinquant’anni prima con il Tempio del Redentore alla Giudecca, assegnato alla cura dei Frati Cappuccini e ove visse Padre Marco.

Al Beato Marco abbiamo ragione di affidare perciò le sorti nostre di questo particolare momento coincidente con la Santa Quaresima: che inizia “in sordina” pubblica, ma – è l’augurio – con maggiore slancio interiore verso Dio che può tutto per nostro amore. Proprio Padre Marco esortava: “Riconciliatevi con Dio e poi domandate tutto alla bontà del Signore!”. È un buon consiglio che il Comitato Beato Marco richiama in attesa che sia consentito svolgere qualche attività spirituale propria di questo sacro tempo e della nostra devozione al beato: come il tradizionale e programmato “ritiro di Quaresima” che si terrà a Pordenone, la cui data confidiamo di comunicare presto.

Buona Quaresima dal Comitato Beato Marco!

26 febbraio 2020, Mercoledì delle Ceneri

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