Sabato 30 aprile messa con questa intenzione ai ponti “Beato Marco” di Tremeacque
L’esposizione del dipinto di Roos di matrice imperiale austriaca, dunque viennese – una piacevole scoperta, che grazie all’iniziativa di Roberto Castenetto e Carlo Scaramuzza, sarà conservata nella nostra città – è anche una “meditazione” in questa Pasqua di guerra, cioè di vera passione per l’Europa. Tanto più opportuno, pertanto, il richiamo, che nell’opera seicentesca ci è dato di trovare, al Beato Marco apostolo non violento in alcuni dei più cruenti conflitti armati che il vecchio continente conobbe nei secoli passati, e che non pensavamo di rivedere nel terzo millennio. Noi promotori di devozione al cappuccino della pacificazione dell’Europa lo stiamo pregando dalla Quaresima, coperta interamente dalla guerra in Ucraina, per trovare il sostegno di fede che qualche volta potrebbe abbandonarci tutti di fronte all’efferatezza di ciò che era stato esperienza anche della sua vita coraggiosa (ricordiamo il determinante suo intervento di persona, diplomatico e di preghiera, non solo a Vienna, ma poi sotto Buda nel 1686 e a Belgrado nel 1688) e alle mancate fin qui prospettive di pace. Ci sono grandi che si dicono cristiani e continuano però a volere la guerra: Padre Marco si indignava e moltiplicava la supplica, anzitutto a Dio, senza stancarsi nelle difficoltà (o impossibilità!), che allora furono pure le mene delle corti rivali – “Ci vole una patientia di Job”, scrisse il Nostro – con indecisioni, incompletezza di azione, assenza di lungimiranza, in definitiva mancanza di unità. Mali che dobbiamo pregare non vengano a intaccare l’opera avviata con fermezza dagli stati europei nella presente, perniciosa crisi, della quale non vediamo però la fine: è che dovremmo di più, da credenti, invocare pace da Dio per il continente che è stato culla del cristianesimo e deve fare ancora da faro di civiltà per il mondo. Ciò in cui Padre Marco credette – fede nella potenza divina coniugata con l’efficacia del dialogo diplomatico – lo vediamo praticato dal leader spirituale di oggi, papa Francesco, alla cui paternità – dunque capacità di favorire, direbbe Padre Marco, “unisonanze di pace” – guardano in molti, pure le cancellerie degli stati. L’apporto del pontefice alla pace, il massimo bene pasquale, sempre diretto nella denuncia dell’aggressione (schiettissimo nello stesso senso fu Marco d’Aviano!), sia sostenuta ancora dall’azione “strategica” della nostra accorata preghiera – che è, si badi, per il futuro di tutti i popoli europei – in questa che è una Pasqua paralizzata al venerdì santo. La Domenica della Divina Misericordia (liturgicamente è “giorno di Pasqua”) – in essa Marco d’Aviano venne beatificato nel 2003 da un altro fervente araldo del continente europeo (che fu vicino al popolo ucraino per natali, cultura, esperienza di vita del tempo di guerra), San Giovanni Paolo II – è un’ulteriore occasione per chiedere l’intercessione per la pace presso Colui che a Pasqua augurò anzitutto “Pace a voi”. Significativo lo si possa fare – grazie alla prima esposizione del dipinto di Roos ambientato all’assedio e liberazione di Vienna – dal duomo cittadino di San Marco nella suddetta domenica e nei giorni del patrono della città, onomastico religioso del Beato Marco la cui pordenonesità è ben attestata.
Il Comitato per la causa, che continua a diffondere una “preghiera per la conversione, la pace e contro la guerra”, promuove l’intercessione al Beato Marco nei giorni anniversari di lui beato con altre celebrazioni iniziate lunedì dell’Angelo al Santuario di Pian delle Merie (Poffabro). Ora, dopo la tappa pordenonese per San Marco, lo farà ai ponti “Beato Marco” di Tremeacque presso Ghirano, luoghi di confine e perciò di unità (Prata, Pasiano, Mansuè) e incontro fra territori contermini (Friuli/Veneto), sabato 30 aprile alla messa celebrata all’aperto alle ore 18.30, presente anche qui il quadro di cui ci occupiamo. Lo farà con convinzione perché non venga meno la speranza che in fondo al buio della guerra in Europa ci sia il dono pasquale di Cristo. Che vince la morte. Walter Arzaretti